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Lo scienziato-saggio aveva un amore genuino per l’India. Aveva anche una grande ammirazione per i leader indiani che fecero il destino dell’India, come Gandhi e Nehru. Einstein apprezzò profondamente e ammirò profondamente il movimento nonviolento di Gandhi. Nel suo studio amava un disegno di Gandhi, un sorprendente promemoria del fatto che il potere dell’anima è infinitamente superiore al potere militare. Alla sua famiglia lesse ad alta voce l’autobiografia di Gandhi. Il potere dell’anima, che è libertà interiore, alla fine determina anche la libertà esteriore. Il cuore e la mente di Einstein erano pienamente convinti di questa suprema verità.

L’India è foriera di pace interiore. L’India è il pioniere dell’unità interiore del cuore interiore. Lo scienziato lo sentiva nel profondo del suo cuore. Lui stesso era un convinto sostenitore della pace. Lui stesso aveva a cuore la pace più di ogni altra cosa, sia nella vita nazionale che in quella internazionale. La porta del suo cuore e la porta della sua casa erano spalancate agli indiani. Questo gesto singolare non era per tutte le altre nazionalità.

Una volta ebbe luogo un’intervista tra Einstein e l’ambasciatore dell’India negli Stati Uniti, Gaganvihari Mehta. Fin dall’inizio l’ambasciatore disse allo scienziato: “Sono venuto per invitarla a partecipare a una conferenza scientifica in India come ospite d’onore del nostro Paese.”

La risposta immediata di Einstein fu sia dolorosa che piena di sentimento: “Sia a causa della mia salute che della mia età devo declinare, ma è con rammarico, perché ho un profondo rispetto per il popolo indiano e per il Primo Ministro Nehru.”

Durante l’intervista a un certo punto l’ambasciatore indiano scorse una nota di somiglianza tra Gandhi ed Einstein. Dolcemente, umilmente, senza esitazione e sagacemente lo scienziato disse: “Per favore, non mi paragoni a Gandhi. Egli ha fatto tanto per l’umanità. Io cosa ho fatto? Non c’è niente di insolito nello scoprire alcune formule scientifiche!”