La gara di flessioni

Alla "Porta dell'India" [portale monumentale] a Bombay, di fronte al Taj Hotel, ci sono alcune statue di Vivekananda e Shivaji. Io sono bengalese, quindi ho una grande ammirazione per Shivaji. Il mio insegnante di bengalese una volta mi diede otto su quattro per un articolo che scrissi su Shivaji! Il punteggio più alto del mio insegnante era normalmente quattro su quattro, ma quella volta mi diede otto su quattro. Avevo una grande ammirazione per Shivaji e ho un legame molto stretto con la sua anima. Anche Vivekananda era il mio eroe.

Verso le cinque del mattino andai a correre un po'. La mia corsa non è nemmeno jogging, è qualcosa di peggio! Poi iniziai a fare esercizio. Anche un adolescente tra i 16 e i 19 anni stava facendo esercizio. Ero molto contento e allegro, e subito cercai di imitare quello che faceva. Lui ne fu molto felice e orgoglioso.

Poi iniziò a fare dei piegamenti sulle ginocchia. Povero me, non riesco affatto a piegarmi. I miei piegamenti sulle ginocchia erano sbagliati e lui iniziò a ridere. Mentre faceva quattro piegamenti del ginocchio, io non potevo nemmeno prendere la posizione per fare mezzo piegamento. Per lui fu troppo e iniziò a ridere!

Poi gli dissi: "Sai come fare le flessioni?"

Mi disse di no. Allora gliene mostrai una e lui disse: "Oh, posso farle facilmente!"

Io dissi: "Bene, facciamo una gara. Se vinci, ti darò dieci rupie. Ma se vinco, non devi darmi niente".

Ne fu felicissimo, perché aveva visto come facevo gli altri esercizi. Io ero vecchio e lui era giovane e sentiva di poter vincere facilmente.

Gli chiesi il suo nome. Disse di chiamarsi Darika, che significa guardia. Il Taj Hotel era proprio di fronte al luogo in cui eravamo, quindi ho chiesto se lavorava lì. Ha detto che era uno studente.

In ogni modo lo lasciai iniziare nella gara di flessioni. Abbiamo contato "Uno, due, tre, quattro…" Ne fece 20. Era molto felice, e io ero molto contento che ne avesse fatte 20. Poi iniziai io… Una, due, tre, quattro, cinque e poi, dopo otto, ero esausto. Feci finta di non avere fiato e di stare assolutamente crollando. Con gran difficoltà arrivai a 18. Poi mi arresi, fare di più era assolutamente impossibile. Fu felicissimo di avermi sconfitto. Gli diedi subito 10 rupie e lui se le mise in tasca. Era molto felice e orgoglioso perché dopo l'ottava io stavo faticando moltissimo, mentre lui ne aveva fatte 20, vincendo il premio.

Quando la competizione finì, gli dissi: "La competizione è finita, ora provo di nuovo, giusto per esercizio".

Era felicissimo e disse: "Va bene". Gli chiesi di contare.

E… 18, poi 20, poi 30, 40, 60, 100. Quando arrivai a 118 smisi. Allora lui tirò fuori le 10 rupie e me le restituì.

Io dissi: "No, no! Vale chi vince durante il tempo di gara. Non posso prendere i soldi".

Lui disse: "No, no!"

Io dissi: "No, nella competizione ne ho fatte 18 e tu ne hai fatte 20. Quindi te lo meriti". Così gli restituii i soldi e poi gli dissi: "Ora vai!"

Lo spirito di Vivekananda fu il testimone.

— 1 marzo 1986