Parte V — Gioia e dolore
Domanda: La maggior parte della nostra vita, la vita finita che possiamo vedere e sentire, è solitamente circondata da gioia e sofferenza. Possiamo avere una vita di gioia, o dobbiamo soffrire, dobbiamo sacrificarci costantemente?
Sri Chinmoy: Sacrificio è una parola molto vaga. Quando usiamo questa parola nel senso umano, sentiamo che stiamo regalando qualcosa e in cambio non riceviamo nulla. Questo è l'approccio umano. Se diamo il nostro prezioso tempo, il nostro prezioso denaro, la nostra preziosa capacità, e in cambio non otteniamo nulla, allora sentiamo di aver sacrificato. Ma se viviamo in una coscienza più profonda e superiore, vedremo che il sacrificio non esiste. Ciò che chiamiamo "sacrificio" è solo l'espressione esteriore della nostra unità universale con un altro essere umano o con il resto del mondo. Quando sentiamo la nostra unità universale con il mondo intero, allora non c'è alcun sacrificio.La sofferenza non deve essere accettata come qualcosa di divino e necessario per realizzare Dio. Non è vero. Se la sofferenza ci arriva, allora dobbiamo accettarla. È vero, può svolgere la parte della purificazione; può purificare la nostra mente, le nostre emozioni vitali e i nostri sentimenti psichici. Ma è sbagliato pensare che accettando deliberatamente la sofferenza saremo in grado di realizzare prima l'Altissimo. Non è attraverso la sofferenza, ma attraverso il piacere spontaneo che otterremo quella realizzazione. Ancora una volta, dobbiamo conoscere la differenza tra il piacere terreno e la delizia o la gioia divina. Il piacere è qualcosa che otteniamo dai sensi, soddisfacendo i sensi, mentre la gioia o la delizia scaturiscono da una fonte più profonda dentro di noi e permeano la nostra intera coscienza. Il piacere è qualcosa che alla fine ci porterà alla distruzione. La delizia è qualcosa che alla fine ci porterà alla nostra Sorgente.
In sanscrito abbiamo due termini: shreya e preya. Il primo è il piacere e il secondo è la gioia o il bene. Se ci preoccupiamo sinceramente del bene, allora la vita del piacere deve lasciarci, perché non c'è bontà in essa. È qualcosa che vuole negare tutta la nostra disciplina spirituale.