Come abbiamo il cuore, la mente, il vitale, il corpo e l'anima, così anche le Upanishad hanno un cuore, una mente, un vitale, un corpo e un'anima. Il cuore delle Upanishad è l'auto-realizzazione, la mente delle Upanishad è l'auto-rivelazione, il vitale delle Upanishad è l'auto-manifestazione, il corpo delle Upanishad è l'auto-trasformazione, e l'anima delle Upanishad è l'auto-perfezione.
Ciò che è di fondamentale importanza in questo momento è l'auto-realizzazione. Per l'auto-realizzazione abbiamo bisogno solo di quattro cose. Per prima cosa abbiamo bisogno dell'aiuto delle Scritture, poi di una guida spirituale, poi delle discipline yoga e infine della Grazia di Dio. Le Scritture dicono al ricercatore: "Sveglia, alzati, è ora che tu ti alzi. Non dormire più." Il Maestro spirituale dice al ricercatore: "Figlio mio, corri! Corri con la massima velocità! Ti sto ispirando. Ho già acceso la fiamma dell'aspirazione dentro di te. Ora puoi correre più veloce." Le discipline yoga dicono al ricercatore: "Stai praticando la vita spirituale e ti sto dando il risultato delle tue pratiche. Ho sgombrato la strada per te. Ora puoi correre più veloce su una strada che è priva di pericoli." Poi c'è bisogno di qualcosa di più, ed è la Grazia di Dio. Si può correre con la massima velocità, ma non si può raggiungere l'obiettivo anche se non ci sono ostacoli sulla strada, perché gli esseri umani, molto spesso, si stancano. Prima di raggiungere l'obiettivo, sentono di essere completamente esausti. In quel momento ciò che è richiesto è la Grazia di Dio. Senza la Grazia di Dio non è possibile completare il viaggio. La Grazia di Dio dice al ricercatore: "Ecco, l'obiettivo è raggiunto."
Per essere sicura, la Grazia di Dio inizia sin dall'inizio. Quando studiamo le Scritture, la Grazia di Dio ci ha già illuminato. In primo luogo, se non ci fosse stata alcuna Grazia da parte di Dio, non avremmo potuto lanciarci nel sentiero spirituale. E se non ci fosse stata alcuna Grazia da parte di Dio, non avremmo potuto trovare il nostro Maestro spirituale. È per la sua infinita Bontà che Dio porta un cercatore al Maestro. Poi, il cercatore e il Maestro devono svolgere i rispettivi ruoli. Il Maestro farà scendere la Compassione di Dio, ma il cercatore deve praticare le discipline spirituali. Il suo compito è quello di aspirare, e il compito del Maestro è quello far scendere la Compassione.
Nel mondo interiore, una cosa che tutti devono avere è l'aspirazione. Qui sulla terra l'albero ci offre un esempio di questa aspirazione. Resta sulla terra con le sue radici nel fango, ma il suo scopo è raggiungere l'Altissimo. Abbiamo paura di restare sulla terra. Sentiamo che se restiamo sulla terra non possiamo raggiungere l'Altissimo, ma l'albero ci mostra quanto questo sia assurdo. La sua radice è sottoterra, ma il suo ramo più alto aspira verso i Cieli. Nelle Upanishad ci imbattiamo in un albero chiamato ashwathva. A differenza degli alberi terrestri, questo albero ha le sue radici sopra e i suoi rami sotto. Ha due tipi di rami. Un tipo entra nelle maglie dell'ignoranza e poi inizia a lottare, a combattere, e a cercare di uscire di nuovo nello splendore della Luce. L'altro tipo di ramo cerca sempre di rimanere nella Luce. Il suo movimento è verso l'alto; la sua aspirazione è verso l'alto.
Qui sulla terra ogni essere umano ha delle capacità. Un essere umano vede l'ignoranza dentro e fuori di sé, ma ha la capacità di rimanere oltre i confini dell'ignoranza. Come? Attraverso l'aspirazione. Perché? Perché ha bisogno di una soddisfazione costante ed è solo l'aspirazione che può darci questa soddisfazione costante. Perché aspiriamo? Aspiriamo alla delizia, ananda. La Delizia è auto-creazione e auto-esperienza. La Delizia nell’Altissimo, l’assoluto Altissimo, è conosciuto come ananda purusha. Là la Delizia è Infinito, Eternità e Immortalità. C'è un altro tipo di Delizia che si chiama ananda atma, quando dalla Delizia infinita, la Delizia prende corpo e forma. Nella coscienza legata alla terra, la Delizia è chiamata ananda atma.
Quando la Delizia scende gradualmente nell'oscura, impura, non illuminata, natura imperfetta dell'uomo per trasformare la natura umana, trova una costante resistenza. Poi vediamo che la Delizia perde il suo potere a causa della brulicante ignoranza, e il piacere, il piacere di breve durata, si espande. Nel Supremo, la triplice coscienza, satchidananda, Esistenza, Coscienza e Delizia vanno insieme, ma quando vogliono manifestarsi, devono farlo solo attraverso la Delizia.
Quando scende la Delizia, il primo gradino su cui mette il piede è chiamato supermente. La supermente non è qualcosa di un po' superiore alla mente. No. È infinitamente più elevata della mente. Non è affatto "mente", sebbene sia usata questa parola. È la coscienza che ha già trasceso i limiti del finito. Lì inizia la creazione. La forma inizia un gradino più in basso. Questo gradino è chiamato l'oltre-mente. Qui inizia la forma, inizia la molteplicità in una forma individuale. Il successivo gradino è la mente intuitiva. Con la mente intuitiva vediamo la molteplicità in una forma creativa. Con l'intuizione vediamo tutto con uno sguardo.
Possiamo vedere molte cose alla volta; vediamo una forma collettiva. Dalla mente intuitiva, la Delizia entra nella mente vera e propria. Questa mente vede ogni oggetto separatamente, ma, sebbene veda tutto separatamente, non prova a dubitare dell'esistenza di ciascun oggetto. Quindi, la Delizia entra nella mente fisica, cioè, la mente che è governata dal fisico. Questa mente vede ogni oggetto separatamente, e in più dubita dell'esistenza di ogni oggetto. Il vero dubbio inizia qui nella mente fisica.Dopo che è scesa attraverso tutti i livelli della mente, la Delizia entra nel vitale. Nel vitale vediamo la forza dinamica o la forza aggressiva. La forza che vediamo nel vitale interiore o sottile è dinamica, e la forza che vediamo nel vitale esteriore è quella aggressiva. Dal vitale, la Delizia entra nel fisico. Esistono due tipi di fisici: il fisico sottile ed il fisico vero e proprio. Nel fisico sottile, la Delizia sta ancora scendendo e noi possiamo ancora esserne consapevoli, ma nel fisico sottile non possiamo possedere o utilizzare la verità. Possiamo vederla solo, come un mendicante che guarda un multimilionario. Alla fine, quando arriviamo al fisico grossolano, non c'è nessuna Delizia.
La Delizia scende, ma non ne vediamo nemmeno una briciola nel fisico grossolano. Cosa possiamo fare allora? Possiamo entrare nell'anima con la forza della nostra aspirazione, e l'anima ci porterà consapevolmente sul piano più elevato, verso il piano satchidananda, Esistenza, Coscienza e Beatitudine. In quel momento il nostro viaggio può diventare cosciente. Siamo entrati nella triplice coscienza e possiamo iniziare a discendere coscientemente nella supermente, nell’oltre-mentale, nella mente intuitiva, nella mente vera e propria, nella mente fisica, nel vitale e nel fisico. Quando abbiamo successo nel fisico, cioè quando possiamo far scendere la Delizia dal piano più elevato e il fisico può assorbire e utilizzare questa Delizia, la vita del piacere finisce. In quel momento riusciamo a realizzare la differenza tra la vita di piacere e la vita di Delizia. La vita di piacere è seguita da frustrazione e distruzione. La vita di Delizia è una crescita continua, appagamento continuo, realizzazione continua e continua manifestazione di Dio nel modo proprio di Dio.
La Mundaka Upanishad ci ha offerto due uccelli. Un uccello è seduto sulla cima dell'albero della vita, l'altro su un ramo sottostante. L'uccello seduto sul ramo basso mangia entrambi i frutti dolci e amari. I frutti dolci danno all'uccello la sensazione che la vita sia piacere; i frutti amari danno all'uccello la sensazione che la vita sia sofferenza. L'altro uccello, seduto in cima all'albero, non mangia né il frutto dolce né il frutto amaro. Si siede solamente, calmo e sereno. La sua vita è inondata di pace, luce e delizia. L'uccello che mangia il frutto dolce e amaro sull'albero della vita è deluso e disgustato. È deluso perché il piacere è impermanente, effimero e fugace, è disgustato perché la frustrazione si conclude nella distruzione. Decisamente deluso e completamente disgustato, questo uccello vola e si perde nella Luce della Libertà e Perfezione-Delizia dell'uccello in cima all'albero della vita. L'uccello sulla cima dell'albero è il Sé Cosmico e Trascendente, e l'uccello sotto è il sé individuale. Questi due bellissimi uccelli sono conosciuti come suparna.
In alcune delle Upanishad vediamo una continua rivalità tra gli dei e i demoni. Coloro che auto-risplendono sono gli dei; e quelli auto-indulgenti sono i demoni. Gli dei e i demoni sono i discendenti di Prajapati, il Creatore. Quando gli dei conquistano la vittoria, la luce dell'anima regna sovrana. Quando i demoni ottengono la vittoria, la notte del corpo regna sovrana. Originariamente gli dei e i demoni erano gli organi di Prajapati. Gli organi energizzati dalla Volontà divina, illuminati dalla Luce divina e ispirati all'azione divina, divennero divinità. Gli organi istigati dai pensieri inferiori e desiderosi di vivere nel mondo dei sensi e godere della vita di piacere, che miravano a obiettivi inferiori e distruttivi, divennero demoni. Inutile dire che è infinitamente più facile raggiungere gli obiettivi inferiori che raggiungere la Meta Suprema. Questo è esattamente il motivo per cui i demoni hanno di gran lunga superato in numero gli dei, ma noi, i cercatori della Luce e della Verità infinite, abbiamo bisogno della qualità degli dei e non della quantità dei demoni.
> Una volta gli dei fecero una fervida richiesta all'organo della parola, al naso, agli occhi, alle orecchie, alla mente e alla forza vitale, di cantare inni per loro. Tutti cantarono successivamente. I demoni si resero immediatamente conto che gli dei avrebbero ottenuto la supremazia su di loro attraverso questi cantori, quindi li contaminarono segretamente e con successo con lo sfacciato maleficio di un forte attaccamento agli oggetti sensoriali e alla vita di piacere. Ci riuscirono immediatamente con l'organo della parola, il naso, gli occhi, le orecchie e la mente, ma con la forza vitale persero malamente. La forza vitale li fece a pezzi e li lanciò in tutte le direzioni. La forza vitale ottenne la vittoria per gli dei. La loro esistenza fu sommersa dalla Luce eterna della divinità. Divennero il loro vero sé. La malafede dei gelosi demoni fu esposta, e il loro orgoglio fu distrutto.
Questa forza vitale è chiamata syasya angirasa. Significa l'essenza degli arti. La forza vitale è stata vittoriosa. Era anche gentile, comprensiva e generosa:
> Portò l'organo della parola oltre il dominio della morte. Avendo trasceso la regione della morte, l'organo della parola divenne fuoco e questo fuoco brilla ben oltre la morte.
> La forza vitale portò il naso oltre la morte. Il naso poi divenne l'aria. Avendo superato i confini della morte, l'aria soffia oltre la morte.> La forza vitale portò gli occhi oltre la morte. Gli occhi divennero il sole. Avendo trasceso la regione della morte, il sole splende perennemente.
> La forza vitale portò le orecchie oltre la morte. Esse sono poi diventate le direzioni. Queste direzioni, dopo aver superato la morte, rimasero ben oltre il suo dominio.> La forza vitale portò la mente oltre la morte. La mente divenne quindi la luna. La luna, dopo aver superato la morte, brilla oltre il suo dominio.
La Brhadaranyaka Upanishad, "grande foresta", offre all'umanità una preghiera senza precedenti:
> Asato ma sad gamaya.
> Tamaso ma jyotir gamaya.> Mrtyor ma amrtam gamaya.
> Conducimi dal non reale al reale.> Conducimi dall'oscurità alla luce.
> Conducimi dalla morte all'immortalità.Il non reale è il cipiglio della morte, il Reale è il canto dell'Immortalità. L'oscurità è il colossale orgoglio della morte, la Luce è la vita del potere illuminante e perfezionante dell'Immortalità. La morte è il messaggio del nulla, l'Immortalità è il messaggio dell'unità dell'umanità liberata con l'Altezza Trascendente della divinità.
UPA 2. University of California, Berkeley, CA, 7 Novembre 1971↩
From:Sri Chinmoy,LE UPANISHAD: la Corona dell’Anima dell’India, Agni Press, 1974
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