Mia madre ne era molto felice; chiudeva il suo libro e guardava attentamente per vedere se stavo davvero dormendo. Poi lei stessa si addormentava. Aspettavo solo che si addormentasse, e poi scappavo. Nel giardino c'erano tanti alberi che portavano guaiave, manghi e altri frutti. Il servo mi aiutava a cogliere i frutti e io li mangiavo.
In mezz'ora o quarantacinque minuti mia madre si sarebbe svegliata e si sarebbe accorta che mancavo. Era solita mandare un giovane servitore a cercarmi in giardino. La maggior parte del tempo ero sull'albero di mango, a prendere mango per tutta la famiglia.
Poi tornavo dentro. Mia madre rimproverava sia me che il servo che mi prendeva. Diceva: "Perché l'hai portato fuori?"
Il servo diceva: “Stava piangendo. Cosa potevo fare?"
Ma il mio sorriso bastava a conquistare il suo cuore. Appena lo vedeva, smetteva di rimproverarmi; lei perdonava il mio inganno. Feci quel trucco molte, molte volte.
Durante le vacanze scolastiche mia madre mi raccontava molte altre storie del Mahabharata. Ascoltavo le sue storie e poi le raccontavo ai miei parenti, che pensavano che fossi una grande autorità sul Mahabharata.From:Sri Chinmoy,Alle scorrenti lacrime del cuore di mia madre e ai traboccanti sorrisi dell'anima di mia madre, Agni Press, 1994
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