Spesso vediamo che il corpo sta ostacolando la nostra ispirazione. Siamo ispirati a fare qualcosa, ma il corpo dice: "No, la cosa migliore è riposarsi." Al mattino presto, qualcosa dentro di noi ci ispira ad alzarci e meditare. Ma il corpo dice: "No, sono solo le cinque. Lasciami dormire per altri cinque minuti." Ma non sono solo cinque minuti; diventano venticinque minuti. Allora diremo: "Ora la cosa migliore è che io dorma solo un altro minuto. Questo è abbastanza." Poi quel minuto si allunga in venti minuti. Alla fine ci alziamo alle sette o anche più tardi e ci malediciamo: "Perché l'ho fatto? Perché mi sono alzato solo ora quando volevo alzarmi alle sei in punto?" In quel momento abbiamo fatto amicizia con l'inerzia, non con l'aspirazione, se avessimo ascoltato l'anima ci saremmo alzati e avremmo meditato.
Quando si tratta di indulgenza, dobbiamo sentire che non siamo il corpo; noi siamo l'anima. Bisogna illuminare la coscienza del corpo che non vuole aspirare, la coscienza fisica che vuole distinguersi dal dinamismo, dall'aspirazione e dall'anelito interiore.From:Sri Chinmoy,Corridori-pionieri dell'alba della pace del mondo di domani: la corsa di ultramaratona e l'auto-trascendenza, Agni Press, 1998
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