Ci sono due parole nella vita del Mahatma Gandhi: ahimsa e satyagraha. Le persone confondono sempre questi due termini, ma non sono affatto la stessa cosa. Ahimsa è non violenza. Abbiamo sempre a cuore l'ahimsa, perché Dio è tutto amore. Dentro di noi ci sono molte cose contro cui dobbiamo combattere. Dobbiamo combattere contro l'ignoranza, il dubbio, la paura, le preoccupazioni e le ansie perché queste cose ci ostacolano interiormente. Ma la lotta esteriore, dal punto di vista spirituale, dovrebbe essere evitata.
Di nuovo, può essere Volontà del Supremo che combattiamo esteriormente, come quando il Signore Krishna chiese ad Arjuna di combattere per sradicare l'ignoranza. Ma il combattimento è necessario solo in occasioni speciali, quando è Volontà specifica di Dio. In generale, non dovrebbe esserci violazione dell'autorità, perché distrugge il nostro equilibrio interiore. Qui non mi schiero in politica, né mi riferisco a conflitti particolari in luoghi diversi. No, è dal punto di vista puramente spirituale che vi dico questo.
Quando cerchiamo di seguire la verità creata dall'uomo, sentiamo di dover giustificare questa verità con la nostra mente razionale. Qualcuno dirà che il suo stipendio non è abbastanza alto; quindi secondo la sua verità, sente che dovrebbe scioperare per ottenere un salario più alto. In questo modo, si atterrà alla propria verità. Ma chissà se la sua richiesta è giustificata o meno? Ma nella vita spirituale, quando si parla di satyagraha, ha un significato diverso. Si riferisce alla verità spirituale. Qui pensiamo al divino cercatore che, con costante gioia interiore, cammina sulla via della verità e dedica tutta la sua vita alla verità.
Nel satyagraha normale, cerchiamo di ottenere la verità con le buone o con le cattive. O continueremo a digiunare, o faremo sciopero, e in questo modo cercheremo di portare a termine la cosa. Ma il vero satyagraha, dal punto di vista spirituale, non è così. Là vogliamo vedere la verità attraverso la resa alla Volontà di Dio. Il cercatore vuole perseguire la verità, ma mentre persegue la verità sente la necessità di arrendersi alla Volontà di Dio. Sente che è la Volontà di Dio che gli sta dando la capacità di seguire la via della verità, ed è la Volontà di Dio che gli darà la capacità di vedere la verità.
Nel satyagraha comune, l'individuo vive ventiquattro ore al giorno senza verità, ma per soddisfare le esigenze del suo fisico, vitale e della sua mente, vuole mostrare al mondo che sta seguendo il sentiero della verità e offre luce al mondo. Questo non è affatto spirituale. Ma nel satyagraha spirituale si vede la verità e si piange per essere la verità stessa; si vuole solo essere il tedoforo della verità. Poi ci si attiene alla verità e si offre la propria vita alla verità. Non si piange a Dio per la realizzazione dei propri desideri. Ci si arrende e si dice a Dio: "Se è la Tua Volontà, allora fa' questo per me. Se non è la Tua Volontà, allora non farlo per me. Voglio solo appagarTi".
Quindi, nella vita spirituale, satyagraha significa resa totale e devota alla Volontà della Verità, e questa Verità è Dio. Il nome di Dio è Verità. Come possiamo ottenere la Verità? Non è per forza, non per coercizione, ma solo per l'aspirazione costante e la resa costante alla Volontà della Verità, alla Volontà di Dio.From:Sri Chinmoy,Obbedienza: una virtù suprema, Agni Press, 1977
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