Sì, consideriamo nostro diritto fare qualcosa, ma non abbiamo il diritto di aspettarci di ottenere dei frutti dalla nostra azione. Nel caso nostro, ci aspettiamo che l’azione e le sue conseguenze vadano assieme. Se percuotiamo un tamburo, ci aspettiamo di udirne il suono, ma, mentre lo facciamo, non dobbiamo pensare al suono, il nostro compito è solo quello di percuotere il tamburo. Dobbiamo separare il suono dall’atto del percuotere.
Il problema è che, la maggior parte delle volte, non appena facciamo qualcosa, vogliamo ottenere un risultato. Dovremmo dire, “Se ottengo un risultato ed è buono, ne sarò compiaciuto, se non ottengo alcun risultato, non mi devo amareggiare.” Non sempre agiamo in tale modo, ad ogni secondo abbiamo dell’aspettativa.
Non appena usciamo di casa, ci aspettiamo che ci sia una piacevole brezza, ci aspettiamo che soffi la fresca aria del mattino. Se usciamo di casa ed invece dell’aria fresca, troviamo che soffia un vento molto caldo, ne siamo profondamente dispiaciuti.
Se invece diciamo, “Uscirò, non importa che tempo faccia, perché sento dentro di me che è bene andare fuori,” in questo modo non saremo contrariati. Sfortunatamente non diciamo così, prima di compiere un’azione, cerchiamo di ottenerne il risultato, dobbiamo arrivare a dire, “Agirò e non mi preoccuperò dei risultati.” In questo modo facciamo progresso, altrimenti, anche prima di agire, ci aspettiamo dei risultati, anche prima di percuotere il tamburo, ci aspettiamo di udirne il suono.
Quando appare l’abbandono incondizionato? Mentre aneliamo a Dio, diciamo forse: “Dio, anelo a Te. Se è la Tua Volontà, allora vieni, ma se non lo è, non venire. Io voglio compiacerTi a Modo Tuo”? Quante persone ripetono ogni giorno, “Voglio compiacere Te, O Dio, a Modo Tuo”? Se lo diciamo più di dieci volte, ci viene a noia ascoltare la nostra stessa voce! Allora cambiamo la nostra preghiera: “Io Ti compiacerò solo quando mi sentirò di farlo, e non importa anche se Tu non mi soddisferai, fino a che potremo soddisfarci reciprocamente ogni tanto.”
Lasciate ora che vi racconti una storia di abbandono incondizionato.
Oggi guardavo alcune vecchie foto di famiglia. Quando vidi una foto di una mia cugina, Nirmala-di, incominciai immediatamente a piangere. Ella era così vicina alla nostra famiglia; morì mentre stava raccogliendo dei fiori. Era sul tetto della sua casa all’Ashram, da un lato vi era un albero di fiori di Protezione, la Madre aveva chiamato “Protezione” quel fiore. Mia cugina stava raccogliendo quei fiori e non si sa come, cadde a testa in giù sulla strada sottostante, e morì immediatamente. Mia sorella Lilli stava passando di lì, udì il rumore della caduta ma non vide cosa era successo, stava camminando lungo la strada e poi arrivò a casa. Dopo cinque minuti ricevette il messaggio di quello che era successo, e corse subito là. Questa cugina fu la promotrice del mio lavoro presso Nolini-da.Ella disse che io dovevo lavorare là, dovevo proprio. Fu lei a dire che io dovevo offrire un regalo a Nolini-da, il regalo era la trascrizione in poesia, che io avevo fatto, in versi sciolti in Inglese, di uno dei suoi articoli in prosa.
Ma la cosa più importante avvenne quando io andai all’Ashram, all’età di un anno e tre mesi. Quanto fu gentile Nirmala-di! Era così affezionata a mia madre. Per un mese, ogni volta che mia madre voleva recarsi all’edificio centrale dell’Ashram, o andare a vedere la Madre Divina sul terrazzo o da qualche altra parte, questa cugina si sacrificava e si prendeva cura di me. E come piangevo e piangevo, piangevo e gridavo perché volevo mia madre! Le mie grida si udivano fino in lontananza! Questa mia cugina diceva anche alla mie sorelle: “Andate, io mi prenderò cura di lui.” Pur essendo stata lei stessa all’Ashram per soli due mesi, quando io fui portato là - era arrivata nello stesso periodo di mio fratello Hriday - si sacrificava così per noi. Voleva che mia madre passasse più tempo possibile nell’edificio centrale per vedere la Madre Divina. Questa era mia cugina, così affezionata a noi. Ci sgridava di continuo, era più grande delle mie sorelle e, se sei tu la maggiore, hai ogni diritto di sgridare i più piccoli.
Ritornando al nostro argomento, cosa si aspettava Nirmala-di dal suo servizio? Avrebbe potuto dire a mia madre, “Hai portato qui il tuo bambino, lui è una tua responsabilità, perché non chiedi ad una delle tue figlie o dei tuoi figli di badare a lui? Hai quattro o cinque figli che possono facilmente prendersi cura di lui. Fallo fare a loro.” Ma lei non si espresse in questo modo, al contrario, disse: “Sono stata qui per due mesi, tra un mese voi partirete, perciò permettetemi di fare questo sacrificio.” E lo fece per il suo amore verso mia madre. Elle agì con questo genere di abbandono incondizionato.
Quanti di voi hanno cercato, cercato sinceramente, di vedere ogni cosa a modo mio? Sarà il mio destino quello di non avere neppure un discepolo che si comporti così? In alcuni casi, anno dopo anno, i discepoli non hanno cercato di compiacermi, perché hanno bloccato completamente la loro porta interiore ed esteriore. Io non posso aprire la loro porta esteriore, né posso aprire quella interiore. Io non esisto dentro di loro. Io sono fuori, fuori, fuori. Non sono nella loro mente e nemmeno nel loro cuore; non faccio parte della loro esistenza.
Nessuno può osare dirmi: “Io faccio tutto a modo tuo,” e nessuno può dirmi, “Io cerco sempre di fare tutto a modo tuo.” Qualcuno può magari cercare di fare tutto a modo mio per una settimana, o per un mese, ma poi si stanca e dice semplicemente, “Ho cercato così intensamente, per un mese, di compiacere Guru a modo suo, ora dovrebbe essere lui a compiacere me almeno per un giorno, per due giorni o per tre giorni.” Questo genere di abbandono è una barzelletta, mi crea solo sofferenza.
Un discepolo può cercare di compiacermi per due giorni, ma poi si aspetta che io lo compiaccia, neppure per lo stesso tempo, ma per dieci giorni.Alle volte le persone dicono: “Dato che Guru ne ha la capacità, dal momento che è più forte di me spiritualmente, dovrebbe compiacermi di più a modo mio.” Questa però non è la filosofia corretta: i discepoli dovrebbero dire: “Dal momento che Guru ha più capacità, cercherò di diventare una sola cosa con lui, ed allora otterrò le sue capacità.” Le persone dovrebbero adottare questa attitudine.
Voi cercate di compiacermi per alcune settimane o mesi, poi viene fuori l’aspettativa e quando quello che vi aspettate non accade, voi dite: “Oh, la nostra filosofia è di non avere aspettative,” ed iniziate a provare ancora una volta, ma non vi dimenticate di usare ancora l’aspettativa e dite: “Chi lo sa, forse la prossima volta Guru potrebbe soddisfare la mia aspettativa.”
Da oggi, potete cercare di iniziare a servire senza alcuna aspettativa, meglio tardi che mai! Nella nostra vita, facciamo sempre delle promesse, come mio fratello Mantu. Ogni mattina decideva di non leggere alcun giornale, ma poi uno dei suoi amici arrivava e gli diceva, “Mantu Babu, Mantu Babu hai letto questo o quello? Lo sai?”
“Cosa, cosa”? diceva Mantu. E il suo amico rispondeva, “Non voglio dirtelo, non voglio toglierti la gioia. C’è qualcosa davvero importante nel giornale, va, va subito e leggilo da te!” La decisione di Mantu durava forse per altri venti minuti, poi andava, il più velocemente possibile, in biblioteca a leggere l’articolo! Nel caso vostro, potete decidere di cercare sinceramente, fin da oggi, di vedere ogni cosa e di fare tutto a modo mio. Ripetete semplicemente, “Obbedienza gioiosa, obbedienza gioiosa, obbedienza gioiosa.” Poi potete dire: “Nessuna aspettativa, nessuna aspettativa, nessuna aspettativa,” ed anche “Progresso velocissimo, progresso velocissimo, progresso velocissimo!” Se potete ripetere queste parole come un japa, se vengono scolpite sulla tavoletta del vostro cuore, sicuramente sarete in grado di fare un progresso velocissimo.From:Sri Chinmoy,Vivi nell'Eterno Ora, Agni Press, 2011
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