In materia di compassione, molto spesso l'uomo inganna se stesso. Dice di essere compassionevole con il tale. Ma c'è una forma di debolezza interiore in lui che o non gli permette di aprirsi alla Luce, o non permette alla vittima di aprirsi alla Luce. Come può un essere umano, a meno che e finché non ha abbondante luce interiore, mostrare compassione a chi soffre? Un cieco non può mostrare la luce a un altro cieco.
Ancora una volta, però, all'interno di un essere umano può e deve esistere la Compassione Divina. Questa Divina Compassione è Delizia spontanea. In essa non c'è sentimento di separatività, nessun sentimento che uno sia superiore e l'altro inferiore. No! È una sensazione di unità. La gioia unisce noi e il sofferente che andremo ad aiutare.
Ogni volta che una persona che aspira dice che sta offrendo compassione ai suoi simili, deve sapere se è davvero Delizia ciò che sta dando o qualcos'altro. Se sente di essere superiore, di avere qualcosa di insolito, qualcosa di straordinario da offrire, allora si sbaglia. Deve sentire che è Delizia che sta offrendo. Delizia che ha lui e anche l'altra persona. Ma in questo momento la Delizia dell'altra persona non sta operando, mentre la sua sta operando.
D'ora in poi cerchiamo di sentire che la divina Compassione significa la divina Delizia, e che la compassione umana è molto spesso perfida e piena di autoinganno. Cerchiamo di usare solo la divina Compassione dentro e attraverso la nostra vita.From:Sri Chinmoy,Frutti d'Illuminazione, Agni Press, 1974
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