Il corpo ha la morte, ma non l'anima. Il corpo dorme, l'anima vola. Ricordiamoci in questo capitolo della Gita, le parole che commuovono l'anima sulla morte e sull'anima: "Come l'uomo scarta i vestiti vecchi per i nuovi, così l'abitante del corpo, l'anima, lasciando da parte i corpi logori, entra in nuovi corpi. L'anima migra da un corpo all'altro. Le armi non possono ferirla, né il fuoco consumarla, né l'acqua inzupparla, né il vento asciugarla." Questa è l'anima e questo è ciò che si intende per esistenza dell'anima. Ora ci sarà consigliato di osservare l'esistenza della morte, se ce n'è una, nelle importanti parole di Sri Aurobindo, il fondatore dello Yoga integrale: "La morte," esclama, "non ha un'esistenza separata per se stessa, è solo il risultato del principio di decadenza nel corpo e quel principio esiste già, fa parte della natura fisica. Allo stesso tempo non è inevitabile, se si può avere la consapevolezza e la forza necessarie, la decadenza e la morte non sono inevitabili."
Ciò che chiamiamo morte è non è nient’altro che ignoranza. Possiamo risolvere il problema della morte solo quando sappiamo cos'è la vita. La vita è eterna È esistita prima della nascita e esisterà dopo la morte. La vita esiste anche tra la nascita e la morte. È al di là della nascita e della morte. La vita è infinita La vita è immortale Un ricercatore della Verità infinita non può sottoscrivere l'affermazione di Schopenhauer: "Desiderare l'immortalità è desiderare l'eterna perpetuazione di un grande errore." Non c'è ombra di dubbio che sia l'incessante cercatore nell'uomo che è la vita dell'Immortalità, perché la sua mera esistenza indica la Visione Suprema che illumina l'universo e la Realtà Suprema che realizza la creazione.
Arjuna il discepolo apprese ulteriormente: "Fai il tuo dovere. Non vacillare. Non essere debole di cuore. Sei uno Kshatriya. Non può esserci un invito più grande di quello di una guerra giusta per uno Kshatriya."Il dovere di uno Kshatriya (il guerriero) non può mai essere il dovere di un asceta. Né un asceta dovrebbe svolgere il compito di uno Kshatriya. Anche uno Kshatriya non deve seguire il percorso di uno che rinuncia al mondo. L'imitazione non è per un cercatore. "L'imitazione è un suicidio", così apprendiamo da Emerson.
Il dovere di un guerriero è combattere, combattere per l'affermazione della verità. "Nella sua vittoria, l'intera terra diventa sua, nella sua morte, lo accolgono le porte del paradiso".
Sri Krishna svelò il sentiero di Sankhya (conoscenza) ad Arjuna: "Arjuna, prendile come una sola cosa, vittoria e sconfitta, gioia e tristezza, guadagno e perdita. Non preoccuparti per loro. Combatti! Combattendo in tal modo non si incorre in alcun peccato."
L'insegnante rivelò il percorso della conoscenza (Sankhya). Ora voleva insegnare allo studente la via dell'azione (Yoga). Arjuna imparò sorprendentemente che questa via, la via dell'azione, la seconda via, è fruttuosa e gli porterà anche la liberazione. La verità sublime è: "L'azione è tuo diritto di nascita, non il risultato, non i suoi frutti. Non lasciare che i frutti dell'azione siano il tuo obiettivo, e non essere attaccato all'inazione. Sii attivo e dinamico, non cercare alcuna ricompensa." Possiamo simultaneamente accendere la fiamma della nostra coscienza con la tradizione dell'Isha Upanishad: "L'azione ferisce non l'uomo."
Abbiamo già usato il termine Yoga. Cos'è lo Yoga? "Equanimità," dice Sri Krishna, "è Yoga." Dice anche: "Lo Yoga è sapiente saggezza in azione."
Il progresso interiore di Arjuna è impressionante. Ora egli sente la necessità di liberarsi dalla vita di desiderio. Sri Krishna gli insegna come può distaccarsi totalmente dalla vita di schiavitù dei sensi come una tartaruga ritira con successo le sue membra da tutte le direzioni. Il ritiro dei sensi, o il ritiro dagli oggetti dei sensi, non indica affatto la fine del viaggio dell'uomo: "Il semplice ritiro non può porre fine alla nascita del desiderio. Il desiderio scompare solo quando appare il Supremo. Alla sua presenza la vita del desiderio perde la sua esistenza. Non prima."Questo secondo capitolo getta una luce considerevole su Sankhya (conoscenza) e Yoga (azione). Il Sankhya e lo Yoga non sono mai in conflitto tra loro. Uno è la conoscenza meditativa distaccata e l'altra è l'azione dedicata e disinteressata. Hanno la stessa Meta. Seguono solo due percorsi diversi per arrivare alla Meta.
Per tornare alla vita dei sensi. La vita dei sensi non deve essere interrotta. La vita dei sensi deve essere vissuta nel Divino e per il Divino. È il ritiro interiore, e non il ritiro esteriore, che è imperativo. L'animale nell'uomo deve arrendersi al Divino nell'uomo per la sua totale trasformazione. La vita del piacere animale deve perdere il suo respiro vivente e bruciante nella vita onnipervasiva della Beatitudine divina.
La Katha Upanishad proclama gli scalini della scala che sempre sale.
```
Più elevati dei sensi sono gli oggetti del senso,Più elevata degli oggetti dei sensi è la mente,
Più elevato della mente è l'intelletto,Più elevato dell'intelletto è il Sé,
Più elevato del Sé è il Non-manifesto,Più elevato del Non-Manifesto è il Supremo personificato,
Il più elevato è questo Supremo, la Meta finale.```
Abbiamo visto cosa succede quando saliamo. Osserviamo cosa succede quando rimuginiamo sugli oggetti dei sensi. La Gita dice: "Dimorando negli oggetti dei sensi nasce l'attaccamento, l'attaccamento dà nascita al desiderio. Il desiderio (insoddisfatto) fa nascere la vita della rabbia. Dalla rabbia scaturisce l'illusione, dall'illusione la confusione della memoria. Nella confusione della memoria si perde la saggezza del ragionamento. Quando la saggezza non si trova da alcuna parte, si ha distruzione dentro, fuori, sotto e sopra." La danza della distruzione è conclusa. Struggiamoci per la salvezza. Solo l'aspirante disciplinato e autocontrollato sarà benedetto dal flusso di pace. Infine, l'aspirante sarà abbracciato dalla Salvezza, l'Illuminazione interiore.From:Sri Chinmoy,Commento alla Bhagavad Gita: Il canto dell’Anima Trascendente, Agni Press, 1971
Sourced from https://it.srichinmoylibrary.com/cbg